Spettacolo senza sostanza: il programma “Viva Puccini” e l’imbarazzante svuotamento del genio musicale. Venezi asso pigliatutto. Maldestra parodia di Augias in apertura di programma.
La falsa celebrazione dell’arte: “Viva Puccini” di Beatrice Venezi e il naufragio culturale in TV
Un fine ed un inizio d’anno mozzafiato sulle reti RAI. Chiusura col botto, quella ormai già scolpita negli annales e caratterizzata dall’insuperabile “buon anno teste di cazzo” pronunciato da Angelo dei Ricchi e poveri, a squarciagola pochi istanti prima del countdown nella diretta di Rai 1 “L’anno che verrà“, lo show condotto da Marco Liorni da Reggio Calabria.
Mamma Rai si sarà chiesta: come superarsi per la prima serata d’ingresso nel 2025? Massacrando Giacomo Puccini sulla terza rete nazionale.
E così Rai 3 ha affidato il compito di vivisezionare il genio musicale lucchese – per renderlo all you can eat e quindi trangugiabile per il popolo italico della tv da cinquemila pollici – alla bacchetta – nera [ndr] – più amata dai fratelli e sorelle d’Italia, Beatrice Venezi.
Costei e tutta la sua compagnia di giro ci hanno regalato un inquietante ritratto della nuova idea che i piani alti della tivù di Stato avrebbero sul come fare divulgazione culturale in televisione: l’opera di Puccini è stata svuotata, confezionata, trasformata in spettacolo da salotto pomeridiano di discutibile gusto, rivolgendosi ad un pubblico erroneamente ritenuto incapace di comprenderne la grandezza. Un ipercompendio per neofiti dell’Opera con licenze e interpretazioni da tre in pagella.

Intento nobile ma…
L’intento dichiarato era nobile: avvicinare il pubblico a Giacomo Puccini, uno dei più grandi compositori italiani. Ma avvicinarlo come? Non attraverso l’approfondimento, non elevando lo spettatore con la potenza delle sue opere, ma abbassandolo con una narrazione frammentaria e una messa in scena che celebrava più l’estetica dell’apparire che l’essenza dell’arte.
Si, le contaminazioni che la musica pop, quella scritta per il cinema o addirittura il rock possono aver insite grazie all’eredità pucciniana è cosa evidente e vanno sapute raccontare; ma gli stratagemmi e i personaggi coinvolti per farlo sono stati decisamente debolucci.
Non si vuole smontare a tutti i costi. L’intento non è quello di sottolineare che l’Opera non va raccontata in forma semplice o di elevarla a cosa per pochi eletti. Niente di tutto ciò. L’Opera è sempre stata cibo del popolo, i melomanie più appassionati e preparati erano i loggionisti, gente normale, poco “studiata” direbbe qualcuno.
La musica oggi cosiddetta colta va raccontata in modo semplice e non semplicistico. Questo è il quid.
Quando si maneggiano certi pezzi di sapere – dalla musica alla storia, alla politica alla scienza e così via – che devono essere offerti ad un pubblico in buona parte a digiuno, la responsabilità è altissima e il rispetto verso l’uno, il sapere, e gli altri, gli italiani e le italiane in ascolto, deve essere massimo. È come fare ingresso in cattedrale. Ma qui nessuno ha tolto il cappello.
Una cosa poi è balzata drammaticamente all’occhio. La musica, in questo contesto, è diventata un pretesto. Al centro c’era Beatrice Venezi, non Puccini. Le telecamere indugiavano su ogni suo gesto, enfatizzando il suo ruolo fino all’eccesso. Ideatrice, Direttrice, Conduttrice e ospite di se stessa. Bianca Guaccero, alla quale era affidata la conduzione effettiva, è sembrata fuori posto, certamente non in grado di fare la padrona di casa…perchè era in modo lapalissiano in casa d’altri.
E poi Stinchelli, Tognazzi e Guerri non son riusciti a dare reale valore aggiunto al tutto. Difficile riuscirci in un contesto tale.
Vorrei non commentare la qualità della conduzione e alcune delle voci scelte per interpretare le arie più celebri composte da Puccini perchè dalla tv è complicatissimo comprendere se questa scarsa qualità del suono sia dipesa da una cattiva gestione da parte dei fonici oppure da altre ragioni. Teniamoci il dubbio, va’.
Derisione o imitazione?
In apertura di programma si è scelto di affidare ad un imitatore incerto la gag di avvio che vedeva un Corrado Augias in un mix di pieno delirio maniacale e rintronamento arteriosclerotico. Di cattivo gusto. Si è voluta lanciare una stoccata, un dardo avvelenato al grande Corrado -mascherandola male in una parodia – per rispondere alle mai sottintese posizioni del giornalista riguardo l’attuale Governo di destra? Ci vuole intelligenza, stile e finezza creativa, anche per fare parodie. Elementi del tutto assenti in questo caso.
Un’esperienza che fa la differenza
Felicemente, ho avuto la fortuna e il privilegio di assistere a un vero capolavoro che rende giustizia alla grandezza di Puccini, una celebrazione della sua arte che ne esalta la complessità. Lo spettacolo Puccini Puccini, che cosa vuoi da me all’Auditorium Agnelli di Torino all’interno del MiTo Festival ha rappresentato la giusta immersione nel mondo pucciniano.
Con Toni Servillo in scena, che con la sua straordinaria capacità attoriale ha saputo delineare perfettamente l’estro travolgente di Puccini, lo spettacolo si è rivelato un viaggio emozionante. Servillo è stato in grado di catturare ogni sfumatura dell’artista, dipingendo con intensità passione e fragilità. Ma non solo: la conduzione impeccabile dell’orchestra sinfonica di Milano da parte di Gianna Fratta ha aggiunto un ulteriore livello di eccellenza, donando allo spettacolo una qualità straordinaria.
Questa è la cultura musicale italiana che meritiamo: un lavoro raffinato, elegante, per tutti e tutte che celebra Puccini senza ridurre la sua opera alla semplificazione.

L’appiattimento culturale come strategia
Questo non è un caso isolato, ma un sintomo di una tendenza più ampia. La televisione pubblica, che dovrebbe essere il baluardo della cultura, sta cedendo alle logiche dell’intrattenimento superficiale. L’idea che il pubblico debba essere “coccolato”, mai sfidato, è ormai imperante. Ma a chi giova? Sicuramente non alla cultura che si vede privata della sua capacità trasformativa.
Perché la cultura non deve solo intrattenere: deve elevare, ispirare, talvolta perfino inquietare. Deve richiedere uno sforzo.
Viva Puccini ha evitato tutto questo, scegliendo invece la strada più facile: spettacolarizzare il genio senza mai scavare nella sua anima artistica.
L’avvenire
Se questo è il modo in cui intendiamo promuovere la cultura, dobbiamo chiederci se non stiamo tradendo il suo scopo più profondo. La grande arte non ha bisogno di essere resa “accessibile” privandola della sua complessità. Ha bisogno di essere trattata con rispetto, con la consapevolezza che è capace di parlare a chiunque, purché le venga dato il giusto contesto.
In quest’ottica, esperienze come Puccini Puccini, che cosa vuoi da me dimostrano che è possibile celebrare la grandezza, ed elevare il pubblico a nuove altezze di comprensione e sensibilità.
Forse è ora che la televisione di Stato torni a credere nel pubblico, sfidandolo a crescere, piuttosto che coccolarlo con una versione annacquata e spettacolarizzata della nostra eredità culturale.
Se commento deve essere sulla dama rossa scollacciata, di esuberanza bambinesca che si veste di bacchetta direttoriale pucciniana senza conoscere, ahimè, l’animo eccelso dell’autore di Colin, per citare un personaggio minore che minore non è giacché il suo “Vecchia zimarra” è l’anima stessa della Boheme per intensità e pregnanza drammaturgica, allora dovrò usare una piccola matita (metafora del valore musicale della rossa) e dire che la direzione d’orchestra ha l’altezza di un’alta montagna mentre la rossa “dama di picche” (non quella del capolavoro del sommo compositore russo) si trova solo a valle del nulla per come ne ho colto l’inconsistenza, e l’azzardo, di definirsi direttrice d’orchestra, su invito Reale credo di un certo potere politico. Ho citato volutamente Colin, perché la sua dimensione, appunto drammaturgica, è ben lontana dalla mente della “direttrice d’asilo” della musica.
Ho fatto un po’ fatica a capire di chi si parlasse. Il filoso bohemien che canta Vecchia zimarra si chiama Colline: ovviamente il nome è francese ed è pronunciato alla francese
Ho trovato l’accoppiare la musica pucciniana con un ‘assolo’ dell’ex chitarrista di Vasco Rossi (Maurizio Solieri…) tra l’altro brutto e leggermente ‘stonato’ rispetto alla parte dell’orchestra….inoltre, anche la resa ‘fonica’ da parte dell’audio, non mi e’ proprio sembrata indimenticabile…!
non ho capito granchè di quel che ha scritto.
vabbè chenon sono un melomane ma solo un ascoltatore di buona musica, ma avrei diritto di capire. Grazie
…. che la Venezi non e’ tanto amata anche da musicisti e orchestrali e’ fuori dubbio …..anche perche’ ho molti amici che fanno parte di prestigiose Orchestre che non sono molto entusiasti della sua direzione…ma questa “lapidazione ” nei suoi confronti e’ esagerata…..anche a me non e’ piaciuta la trasmissione…il chitarrista poteva essere evitato tra l’altro con una intonazione dello strumento disdicevole……i cantanti ……sorvoliamo…audio pessimo .. anche se collegato ad un impianto di notevole elevatura… che posseggo …direi che stavolta la Rai ha toppato…spiace ma e’ giusto che lo si dica……..