Diritti universali o priorità surreali?Dalla maternità surrogata criminalizzata ai cani in Parlamento: che Paese stiamo costruendo?

Mentre il Governo alza muri contro la gestazione per altri e spende un miliardo per deportare migranti in Albania, a Montecitorio i diritti più tutelati sembrano quelli degli animali d’affezione, con cani in cravatta a dettare lo stile tra i banchi.

Ieri il Governo sanciva con solennità l’equiparazione della maternità surrogata a un reato universale – perché, si sa, la difesa dei diritti fondamentali non conosce confini. Nel frattempo si spendevano cifre da capogiro per deportare 16 migranti – che diritti parrebbero averne assai meno a quanto pare – accompagnati nei centri di accoglienza in Albania a bordo della nave Libra della Marina militare italiana, operazione dal modico costo complessivo di circa 1 miliardo di euro (800 milioni per la realizzazione dei centri e 134 milioni all’anno per la gestione). Non paghi, si approvava anche l’ingresso degli animali d’affezione dei rappresentanti della nostra Repubblica alla Camera, con tanto di cane in cravattino immortalato a Montecitorio, con tanto di proclami su imminenti ispezioni nei canili lager in Italia (volessiddio se altrettante ne venissero programmate nelle carceri o nei centri d’accoglienza per migranti in Italia). Per carità, nobilissimo. Ma si noti un certo disequilibro tra tutele e diritti.

Ma andiamo con ordine e occupiamoci della famigerata procreazione surrogata.

il bull terrier Mino a Montecitorio

ph. Dire

La gestazione per altri e l’adozione in Italia: tra etica, discriminazione e il futuro delle famiglie

La recente conferma del Governo italiano nel vietare la gestazione per altri (GPA), estendendo la criminalizzazione anche a chi ricorre a questa pratica all’estero, ha aperto un dibattito che va ben oltre la semplice questione legale. Questa decisione solleva interrogativi profondi su che tipo di società vogliamo costruire e su come conciliare l’etica, i diritti delle famiglie e l’inclusività sociale, specialmente quando si tratta di famiglie o individui che, per ragioni mediche o sociali, non possono procreare naturalmente.

La GPA altruistica come proposta etica

Nel Regno Unito, la gestazione per altri è legale dal 1985, principalmente in una forma altruistica. In questo modello, la madre surrogata non riceve un compenso economico per portare avanti la gravidanza, ma solo un rimborso delle spese legate alla gestazione. Questo approccio è stato pensato per scongiurare il rischio di una mercificazione del corpo della donna, proteggendone la dignità e l’autonomia. Si è quindi puntato così a promuovere una forma di GPA basata sulla solidarietà, evitando dinamiche di sfruttamento economico e mantenendo il focus sull’atto di aiuto reciproco tra famiglie. Anche se da sempre l’altra forma, quella a pagamento, non era praticata nel Paese ma era abbondantemente accettata se praticata all’estero.

In Italia, una regolamentazione simile potrebbe essere una soluzione per affrontare i bisogni di molte coppie e single, senza infrangere principi etici fondamentali. Consentire una GPA altruistica, regolamentata e trasparente, potrebbe evitare la necessità di ricorrere a paesi esteri, dove le normative sono meno stringenti e i rischi di mercificazione più elevati. Oltre a ciò, un quadro normativo chiaro potrebbe ridurre la stigmatizzazione nei confronti delle famiglie che scelgono questa strada, promuovendo un clima di maggiore comprensione e inclusione.

Discriminazione e famiglie arcobaleno

Un aspetto particolarmente delicato riguarda la percezione che questa normativa italiana possa costituire una forma di discriminazione ulteriore nei confronti delle famiglie omosessuali. Se, da un lato, la legge si applica indistintamente a tutte le coppie, dall’altro, è innegabile che le famiglie arcobaleno siano maggiormente penalizzate. In Italia, infatti, le coppie eterosessuali possono ancora accedere alla procreazione medicalmente assistita (PMA) e all’adozione, alternative generalmente precluse alle coppie omosessuali. La GPA rappresenta per molte famiglie LGBTQ+ l’unica possibilità di realizzare il proprio progetto genitoriale.

La comunità LGBTQ+ denuncia che la criminalizzazione della GPA, anche se praticata all’estero, è un ulteriore ostacolo alla creazione di famiglie non tradizionali, alimentando un clima di marginalizzazione e discriminazione. Alcuni esperti e attivisti per i diritti civili sottolineano che questa misura, pur mascherata da tutela etica, nasconde un tentativo di controllare e limitare i diritti delle persone omosessuali, negando loro l’accesso a strumenti di genitorialità disponibili invece per altri.

Adozione: un percorso a ostacoli per molte coppie

Accanto alla questione della GPA, il tema dell’adozione in Italia rappresenta un altro enorme ostacolo per le coppie che desiderano avere figli. Le procedure adottive in Italia sono note per essere estremamente complesse, farraginose e costose, scoraggiando molte famiglie, soprattutto quelle di estrazione sociale meno abbiente. Di fatto, il percorso adottivo si rivela spesso una strada a ostacoli, con tempi lunghi, verifiche continue e una burocrazia che rallenta il processo.

Per molte coppie, l’adozione internazionale rappresenta l’unica alternativa, ma anche questa opzione è gravata da costi altissimi. Si stima che le coppie arrivino a pagare da un minimo di 10.000 euro a un massimo di 30.000 e oltre. Paesi come la Cina, ad esempio, richiedono fino a 20.000 euro per l’adozione di un bambino, spesso con problemi di salute lievi. Questo crea una barriera economica importante, rendendo il sogno di avere una famiglia accessibile solo a chi ha le risorse finanziarie necessarie. Di fatto, una situazione che penalizza ulteriormente le famiglie meno abbienti e aggrava le disuguaglianze sociali.

La contraddizione normativa: adottare sì, GPA no

L’incoerenza normativa italiana è evidente quando si considera che, mentre le coppie possono accedere all’adozione internazionale a costi elevati, chi si rivolge a un altro paese per accedere alla GPA – anche in forma altruistica – viene criminalizzato. La nuova legge, infatti, considera questa pratica un reato universale, punendo chiunque vi faccia ricorso con pene equiparabili a quelle riservate a crimini gravi come tortura e pedofilia. Un paragone che solleva perplessità, dato che molte famiglie, non trovando soluzioni all’interno del paese, sono costrette a cercare all’estero modalità legali e solidali per realizzare il proprio progetto di genitorialità.

Questa disparità di trattamento non solo penalizza le coppie, ma pone anche una questione morale e sociale: che tipo di società vogliamo costruire? Una società in cui alcune forme di genitorialità sono legalmente consentite e altre considerate criminali, anche quando praticate in modo altruistico? E come possiamo garantire che i desideri di genitorialità non siano appannaggio esclusivo di chi ha le risorse economiche per permetterselo? O solo per coppie eterosessuali?

Verso una riflessione su diritti, uguaglianza e inclusione

Le politiche restrittive nei confronti della GPA e le difficoltà legate all’adozione pongono una domanda cruciale: quali valori desideriamo promuovere come società? È chiaro che il divieto assoluto e la criminalizzazione di chi ricorre alla GPA altruistica all’estero non rispondono né ai bisogni reali delle famiglie né alla necessità di garantire uguaglianza e inclusione sociale.

Una riflessione più ampia e inclusiva sulla genitorialità, sui diritti e sulle opportunità è quanto mai necessaria. Permettere la GPA altruistica, snellire le procedure adottive e ridurre i costi dell’adozione internazionale potrebbero essere passi fondamentali per costruire un paese più giusto, inclusivo e rispettoso delle diverse forme di famiglia.

La decisione del Governo italiano evidenzia il divario crescente tra l’evoluzione delle norme legislative e il cambiamento della realtà sociale. 

Che tipo di società vogliamo costruire? Una società che criminalizza chi cerca di formare una famiglia con amore e solidarietà, o una società che abbraccia e tutela il desiderio di genitorialità di ogni individuo, indipendentemente dal suo status sociale, orientamento sessuale o capacità economica?

La sfida per il futuro sarà capire come equilibrare i diritti individuali e collettivi, evitando di cadere nella trappola della discriminazione, specialmente nei confronti delle famiglie LGBTQ+.

Il futuro delle famiglie in Italia dipende dalle risposte che saremo capaci di dare a queste domande fondamentali.

Sempre sui temi LGBTQ+ leggi la riflessione sull’attacco della lega alla libertà accademica ai danni dell’Università di Sassari e del Prof. Federico Zappino, titolare del corso di teorie gender.

Fondatrice di comeilsale.it, sono una giornalista girovaga e food-victim. Adoro le storie, le cose autentiche e gli animali. Detesto molte altre cose detestabili e, di solito, lo nascondo poco. Per nulla, direi.

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